<<Con il mercato del lavoro di oggi è meglio appesantire il CV con una pubblicazione accademica>>
<<È il caso di espatriare, l’Italia non offre molto, mio cugino in Inghilterra dopo sei mesi è diventato manager>>
<<Su LinkedIn trovo solo offerte di lavoro per gente che ha tre anni di esperienza…>>
<<Non mi va di lavorare gratis>>
C’è chi ha sentito tutte queste frasi da parte di giovani laureati e chi mente. Al contrario di come tutti questi miti negativi, propinati soprattutto dalla comunicazione social, ci suggeriscono, il mercato del lavoro è mai come ora segnato da un profondo turnover. Per la prima volta nella storia economica del nostro paese, a un momento di crisi corrisponde un aumento delle assunzioni e un calo dei licenziamenti: anzi, gli HR stanno approfondendo in tutti i modi la questione della talent acquisition e retention. Nell’epoca delle grandi dimissioni, le divisioni HR fanno di tutto per trovare talenti e fare in modo che non cambino azienda. Il motivo per cui i giovani laureati non trovano collocazione nel mondo del lavoro è spesso legato ai falsi miti propinati negli anni dell’università- e soprattutto dal mondo universitario. Scopriamoli insieme!
<<Mi sono laureato a luglio, con 110L e ho fatto una tesi sperimentale, perché le aziende non mi richiamano quando invio il mio cv?>>
Nel mondo del lavoro, al contrario di quello accademico, conta molto di più l’aspetto pratico del talento. Pensiamoci bene: all’università hai studiato economia politica, quell’esame ti è anche andato bene, ma quanto è probabile che la tua azienda ti chieda di calcolare il pil, o il tasso di utilità marginale dei beni? L’università è un percorso molto importante, che inevitabilmente forma la mente, ci accompagna nelle prime fasi della vita adulta, ci responsabilizza e ci fa crescere, ma col mondo del lavoro c’entra in maniera marginale. Certo, non è il caso di facoltà più mirate, come medicina, ma se il tuo desiderio è quello di lavorare per un’azienda è il caso di staccarsi dal mito che buon studente significhi buon dipendente. Lo sappiamo, è una verità un po’ difficile da ascoltare, perché gli studi si scelgono proprio in virtù degli sbocchi lavorativi. Un tempo esistevano distinzioni nette tra studio e lavoro: con le materie letterarie si insegnava, con medicina si diventava medici, con giurisprudenza si poteva accedere ai concorsi pubblici. Oggi non è più così: non si parla più di titoli, ma di competenze. Il percorso di studi è comunque fondamentale, ma è da considerare più un approccio accademico alla vita lavorativa che il punto forte per sé. Il messaggio che deve risaltare da un CV non deve assolutamente essere: posso essere una buona risorsa perché ho una laurea. Quanto sarebbe difficile la vita dell’HR selezionatore se fosse davvero così? Tutti quelli che hanno una certa laurea sarebbero adatti a ricoprire lo stesso ruolo! Del percorso accademico è utile piuttosto far risaltare da CV delle attività come laboratori e lavori di gruppo, utilissimi per sviluppare le soft skills.
<<Non ho fatto il tirocinio curriculare perché significa lavorare gratis, ho preferito fare un esame in più per coprire i crediti, e poi volevo laurearmi presto>>
Il tirocinio non va considerato un lavoro gratuito: al contrario, è una formazione che un’azienda organizza per futuri esperti al fine di offrire una visione realistica del lavoro. Un tirocinio curriculare non è una perdita di tempo, ma un ottimo punto di partenza per poter arricchire le proprie competenze e schiarirsi le idee sul proprio futuro. Inoltre, è ottimo per contestualizzare meglio il proprio titolo di studio: con un’esperienza lavorativa breve si aprono molti più sbocchi lavorativi. Meglio laurearsi in più tempo, ma con esperienza, che fare una corsa per finire in meno tempo possibile e avere a CV solo la laurea. Il mito che laurearsi in poco tempo sia competitivo sul mercato del lavoro è decisamente da sfatare: è meglio concentrarsi di più su attività che aggiungano valore reale al nostro titolo di studi. Questo è il mito decisamente più difficile da sfatare perché il ritornello che uno studente si sente ripetere più spesso è quello che i migliori si laureano presto: prenditi i tuoi tempi, perché il mercato del lavoro si è evoluto e i traguardi in celerità non hanno più l’importanza che rivestivano un tempo.
<<Su linkedin trovo solo offerte di lavoro per persone che hanno esperienza…>>
Non è vero che i lavori vengono offerti solo a chi ha esperienza. Tuttavia, non è raro sentire di persone che si lasciano prendere dallo sconforto quando navigano tra le offerte di lavoro e ne trovano di indicizzate solo alla categoria dei professionisti qualificati con esperienze decennali. Questo succede quando si sbagliano le keywords nei motori di ricerca. Nei primissimi stadi della carriera i contratti che si offrono più spesso sono di tirocinio o di apprendistato. Invece di digitare “offerte di lavoro”, prova a cercare sugli appositi motori di ricerca “tirocinio” o “apprendistato”. Sono tipi di rapporto di lavoro più indicizzati per giovani laureati che hanno bisogno di formazione lavorativa e di solito non richiedono troppa esperienza. I recruiter non vivono fuori dal mondo: lo sanno che una risorsa junior non ha molta esperienza lavorativa, e non la pretendono.
Come posso farmi notare dalle aziende se sono giovane e senza esperienza? I consigli degli HR Expert di HR Tools.
Ricorda: i recruiter si focalizzano sulla competenza per le risorse giovani, sull’esperienza per le risorse più adulte. Non lasciarti prendere dalla negatività dei post sui social che lamentano annunci di lavoro che richiedono competenze impossibili ed esperienze decennali: come ogni cosa che gira sui social, è tutto amplificato. Cerca di focalizzarti sul contributo pratico che puoi dare a un’azienda. Metti in risalto le competenze informatiche, i task che hai svolto durante i tuoi tirocini, le competenze linguistiche (senza pompare nulla, i recruiter sono esperti…). Se inserisci delle soft skill a curriculum, sappi che durante il colloquio ti chiederanno di come le hai sviluppate e di episodi in cui le hai dimostrate. Cerca di rispondere il più possibile alla domanda che si pongono i recruiter nei processi di selezione, ossia “questa persona cosa sa fare?”. Taglia dal tuo cv tutto ciò che è superfluo: pensa che gli esperti in un settore riempiono la prima pagina di curriculum per intero dopo anni e anni di lavoro. Il diploma di scuola superiore, ad esempio, è superfluo, si presume che se hai una laurea allora sei anche diplomato. A meno che tu non abbia un doppio diploma conseguito all’estero o un titolo che ti valorizza particolarmente, questo è il genere di informazione che appesantisce il tuo CV, ma senza arricchirlo. Inserire molte informazioni non ti renderà più appetibile ai recruiter, inserire le informazioni giuste lo farà. In conclusione, la regola aurea da tenere a mente quando si cerca un’entrata nel mondo del lavoro è proprio quella di pensare pratico. In bocca al lupo!